Cambio di prospettiva: dal rinascimento a instagram
Nel De pictura (1435) Leon Battista Alberti formula un’idea che resisterà per secoli: un dipinto è una finestra sulla realtà. Ma serve la geometria, per creare l’illusione.
Figlia della ricerca teorica del primo Rinascimento, e nata grazie soprattutto a Leon Battista Alberti, Brunelleschi e Piero della Francesca, la prospettiva intesa come tecnica che consente di raffigurare in modo verosimile la realtà, dando evidenza alla profondità dello spazio e al rapporto fra gli elementi al suo interno, sarà sottoposta nei secoli successivi a un lento processo di erosione. La scatola prospettica in cui la rappresentazione artistica incapsula la realtà per assegnarle ordine, rigore e verosimiglianza progressivamente si sfalda per accogliere, di fatto già in epoca barocca, le più spericolate sperimentazioni illusionistiche. Nascono le anamorfosi, i giochi prospettici di spazi dalla profondità inesistente, le ottiche spettacolari e gli effetti percettivi sorprendenti.
Nel Novecento, la ricerca artistica raccoglie, per ragioni diverse, gli esiti di questo sfaldamento con soluzioni che se in alcuni casi guardano al passato, nel contempo ospitano intenzionalità nuove. Fra le varie ricerche, particolarmente suggestiva è quella di Salvador Dalì, che attorno alla fine degli anni Trenta realizza una serie di “immagini multiple” in cui oggetti e ambientazioni comuni vengono combinati in composizioni complesse. Sono opere che incitano l’osservatore a scoprire, come in una sorta di puzzle, le figure nascoste in quello che sembra, per esempio, un paesaggio, ma che di fatto un paesaggio non è, o piuttosto non lo è in forma esclusiva.È questo il principio che innerva uno dei capolavori del 1938, Apparizione di un volto e di una fruttiera su una spiaggia, in cui quella che a prima vista sembra essere la veduta di un lido – uno dei tanti di Port Lligat – di fatto è un dispositivo che incorpora numerose altre immagini che l’osservatore, con uno sforzo percettivo, può cogliere: una fruttiera ricolma di pere sul piano di un tavolo, un viso allucinatorio e, sullo sfondo, un cane che si regge sulle zampe. L’opera si basa su una serie di meccanismi ingegnosi (per esempio l’occhio del cane che si sdoppia nel traforo di un pendio collinare) che attestano come Dalì sia in questo momento al culmine del proprio potenziale creativo proprio nell’uso delle immagini multiple. O, ancora, ne Il simulacro trasparente della falsa immagine, la distesa sabbiosa della baia di Capo Creus circondata da montagne in lontananza può, con il consueto sforzo percettivo, diventare una ciotola di pere posata sul piano di un tavolo coperto da una tovaglia.
Per Dalì la creazione di immagini multiple non è un divertissement, ma piuttosto uno dei percorsi del cosiddetto “metodo paranoico-critico”, codificato dall’artista stesso e inteso come strumento per screditare la realtà e la sua presunzione di compiutezza. Inoltre, se messo al servizio dell’inconscio, il “pensiero paranoico”, sempre secondo l’espressione impiegata da Dalì, conduce a una crisi mentale, vera e propria via di accesso a mondi altri, profondi e alternativi a quello della realtà oggettiva. L’esito finale è un’esperienza soggettiva sconvolgente, la cui potenza è legata alla forza della facoltà paranoica individuale e all’abilità dell’osservatore nel cogliere le figure nascoste nell’opera. Con l’inganno della doppia immagine, Dalì accentua l’atmosfera di incertezza e di irrazionalità che da sempre pervade le sue opere, screditando le nozioni convenzionali sulle apparenze del mondo esterno e sulla sua rappresentazione. In questo procedimento, infatti, c’è anche la volontà di mettere in dubbio le convenzioni tradizionali della pittura, soprattutto la prospettiva e il chiaroscuro, disinnescandone l’illusorio potere rappresentativo.
Presentate alla Julian Levy Gallery di New York nella primavera del 1939, queste opere ottennero un successo clamoroso, ma irritarono profondamente André Breton che, sprezzantemente, le definì “cruciverba”. Sarà l’inizio di un divorzio artistico che porterà Dalì a distanziarsi dal movimento surrealista per proseguire la propria ricerca in totale, meravigliosa anarchia.